sábado, 10 de outubro de 2009

La vera preoccupazione è con il regno e non con "il premio eterno". Mc.10,17-30


A volte si ha l’impressione che nella società odierna, quantunque carica di evidenti contraddizioni, sia ancora sentita in maniera molto forte la preoccupazione con la “salvezza eterna”. Quella specie di ricompensa che si ritiene di ottiene quando ci si comporta in un certo modo. In modo più chiaro, quando si obbedisce a determinate norme, precetti, partiche rituali e comandamenti. Non che ciò sia detestabile, ma rivela che l’intenzione sottostante, in generale, sembra essere la logica della negoziazione –quantunque incosciente – con il Dio al quale ci si dirige. Una specie di “Ti do’ perchè Tu mi dia”, o “ho fatto ciò che mi chiedevi, ora mi merito un premio”. E’ la cosidetta “teologia della retribuzione”. E’ proprio questa che Gesù ci invita a superare, ad andare oltre e ci invita ad entrare nella logica-dinamica del Regno!
Mi sembra, in questo senso, che il vangelo di oggi sia di una lucidità unica. Schiarisce una volta per tutte cosa significa la logica dell’ ottenzione della “vita eterna” e la logica-prassi dell’entrare nel “Regno di Dio”. Sono due realtà abbastanza differenti che non si confondono. Richiedono dinamiche proprie, anche se possiedono un legame innegabile tra di loro. Veniamo al vangelo odierno!
1. Una persona, anonima, al vedere Gesù passando si inginocchia e gli chiede cosa deve fare per “guadagnare come premio la vita eterna”. Come si nota, la preoccupazione di “questo anonimo” – che può essere qualsiasi uno di noi - è con la salvezza finale e non con la salvezza storica che può essere costruita qui e adesso. In risposta Gesù cita ciò che la religione ufficiale raccomanda ai suoi seguaci, ossia la pratica fedele ai precetti, norme e proibizioni legali. Una chiara provocazione di Gesù per vedere fino a dove il suo interlocutore può arrivare....
2. L’anonimo, in maniera onesta, ammette che ha osservato tutto ciò che gli è stato richiesto dall’ufficialità religiosa fin da piccolo. Potremmo dire che egli ha avuto un comportamento integro, da vero “pio” osservante della legge e, perciò, meritevole dei “premi eterni, della vita eterna”! Gesù riconosce in lui la sua profonda onestà, e ciò desta in Gesù un profondo sentimento di ammirazione. Un’ammissione evidente di Gesù del suo grande potenziale per diventare un suo possibile seguace.
3. Difronte a ciò Gesù gli presenta, senza mezzi termini, le sue condizioni, ma non perchè ottenga la vita eterna, ma affinchè lo possa seguire come discepolo. La condizione è chiara: escire da se stessi, abbandonare la logica della salvezza eterna, finale, vendere-disfarsi, relativizzare radicalmente ciò che ci dà falsa sicurezza, darlo ai poveri, i veri destinatari del Regno, – e questo basterà per garantire un tesoro-premio nei cieli – e poi “SEGUIRE” Gesù. Ossia, Gesù ci invita ad abbandonare la logica della retribuzione, la preoccupazione con i possibili premi eterni e ad entrare nella logica della costruzione urgente della salvezza reale e concreta dell’uomo e della donna di oggi. Aderire definitivamente alla prassi del Regno di Dio.
4. La reazione dell’anonimo interlocutore di Gesù non lascia margine a dubbi: si fece scuro in volto e rattristato se ne andò. Aveva, infatti, molti beni. I molti beni, le ricchezze che diventano idoli, sono un ostacolo per entrare nella logica del Regno che si destina in primo luogo “ai poveri”. Gesù, con ciò, stabilisce con chiarezza qual’era la sua vera preoccupazione. Essa non era con la vita-salvezza eterna, quanto con la necessità di costruire il Regno che era il solo mezzo che permetteva anche a coloro “che non praticavano i precetti e le norme di purezza legale” di salvarsi....Salvarsi dall’opulenza e prepotenza di tanti ben pensanti, di tanti religiosi legalisti, intransigenti ed egoisti, da tanti indifferenti che usano il nome di Dio e i suoi comandamenti per non vedere e nulla fare con coloro che oggi sono ingiustamente incarcerati, dimessi, discriminati e umiliati.

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