quarta-feira, 12 de janeiro de 2022

Attraversare tempeste - una riflessione sul brano di Luca 8,22-25

C’é un che di paradossale nel nostro comportamento. Da una parte possiamo conoscere e interagire, anche se in modo superficiale, con il mondo circostante e con quello remoto mediante un semplice apparecchio digitale. Contemplare luoghi e costumi di ogni genere, senza mettere i piedi fuori di casa. Una minoranza privilegiata si permette di accedere fisicamente ad alcuni di questi luoghi. Alcuni magnati, annoiati di stare su questo povero pianeta, hanno deciso di praticare, addirittura, ‘il turismo spaziale’! E dall’altra parte, ci sono pochissime persone che manifestano sensibilitá e coraggio per entrare in sintonia con gli uomini e le donne che vivono in quei luoghi. Avvicinarsi con affetto ed empatia al loro universo fatto di sogni e speranze, ma anche di sofferenze e di conflitti di ogni tipo. Diventa ancor piú problematico quando, finalmente, sono invitati a coinvolgersi con ‘questi ignoti’ per convivere e costruire assieme ad essi! Come é difficile abbandonare la ‘propria riva’ per traghettare ad altre che non conosciamo e non ci appartengono culturalmente e che, - possibilmente, - ci faranno sentire insicuri e fragili. Luca che é un vero educatore missionário, nel senso pieno del termine, ci riferisce nel suo vangelo che ogni qualvolta Gesú chiede ai suoi discepoli di andare ‘all’altra riva del lago’, ossia in terra straniera, scatta la loro resistenza, e sorgono perturbatrici incomprensioni all’interno del gruppo. Per capire meglio il testo citato é bene ricordare cosa era appena accaduto, precedentemente, nei versetti 19-21. La madre di Gesú e i suoi fratelli volevano vederlo, ma Egli rispose con franchezza che ‘mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica’. Gesú lascia capire che ‘essere famiglia’ non si fondamenta su elementi genetici o culturali similari, ma si costruisce su altri valori: sull’ascolto della parola di Dio e sulla capacitá di metterla in atto. Con ció, Gesú si allontana definitivamente sia dalla visione riduttiva della famiglia biológica, e sia dall’auto-coscienza arrogante del nazionalismo tradizionalista teocratico della classe sacerdotale. 

Con questa visione Gesú chiede ai suoi discepoli di fare un radicale passaggio nella loro vita: abbandonare la ‘riva’ del legalismo religioso nazionalista sterile per approdare alla sponda dell’accoglienza compassiva dove vivono gli impuri rifiutati dal purismo rituale del tempio e gli stranieri maledetti dal nazionalismo integrista teocratico. E costruire assieme un nuovo modello di famiglia-chiesa in cui ci fosse dialogo e simbiosi permanente fra le due sponde. Capiamo che la tempesta che intimidisce, in realtá, é l’espressione dell’opposizione interna del gruppo di Gesú al suo progetto di essere buona notizia di coesione per tutti e con tutti, e non una manifestazione del Suo potere su fenomeni metereologici!Luca ha certamente sotto gli occhi le sue comunitá demotivate e in balia di molte insidie. Chiese domestiche che inneggiano il Signore, che lo aspettano con ansia dal cielo, ma che manifestano contrarietá difronte al ricordo sconcertante di un Gesú storico che accoglieva con compassione e senza pregiudizi gli impuri e gli esclusi facendo comunione con essi, pur aizzando le ire dei ben pensanti della casta religiosa. Oggi, vari settori e persone della nostra barca-chiesa si muovono come minacciose tormente che mettono a repentaglio la fedeltá alla missione di Gesú di Nazareth. Incastellati sui falsi pilastri della ‘tradizione, patria, famiglia e propritá’, e ostentando pseudo-identitá ecclesiali e nazionali, vari porporati e cattolici comuni non accettano che ‘la chiesa sia il luogo delle relazioni, della convivenza delle diversitá’ come ci ricorda Francesco. 

Questi settori della chiesa cattolica, eufemisticamente chiamati ‘uomini di chiesa’ sono autentiche ‘quinte colonne’ che invece di ‘spalancare le porte del cuore e dei saloni parrochiali’ alzano muri impenetrabili a coloro che cercano una ‘sponda e una spalla amica’: i migranti, i rifugiati, i disoccupati, i mendicanti, i dipendenti chimici, gli incarcerati... Essi non vogliono né una ‘Chiesa in uscita’ e nemmeno un ‘Cristo traghettatore di nuove rive’. Tuttavia, il Gesú impavido forgiato nelle grande turbolenze umane continua ad ispirare uomini e donne che, senza timore, affrontano i provocatori di tempeste e di immense sofferenze. Sentono, per la fede, che il loro Maestro, apparentemente indifferente difronte alla gravitá della situazione, stá a bordo con essi. É quanto basta! Sanno che nessun passaggio da una realtá di egoismo e di indifferenza a una realtá di dialogo con ‘l’altro’ e di comunione con coloro che vivono su altre rive non é immune a persecuzioni e a incertezze. Credono, peró, che é proprio in questa loro azione impercettibile e costante di traghettare persone e rinnovate speranze che trovano, continuamente, la vera pienezza di vita. Beati sono oggi i traghettatori-missionari della speranza perche troveranno pace e coraggio nelle turbolenze della vita!

L'articolo appare sulla rivista Comboniana 'Nigrizia'

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