Lucineide (nome fittizio) aveva aveva poco piú di 12 anni quando fu violentata dal compagno di sua madre. Con la scoperta della sua gravidanza sono iniziate illazioni e maldicenze. Se era successo era perché, in fondo, lei lo aveva permesso. Ai 13 anni, Lucineide, ‘vittima e complice’, divenne madre contro la sua volontá. Pensiamo per un istante alle migliaia di giovani ‘Marie’ tra i 12 e i 16 anni del Brasile che si scoprono incinte, dopo aver subito, in molti casi, abusi sessuali. Nel 2019, ad ogni 1.000 donne incinte, 60 erano adolescenti tra i 14 e i 18 anni. Pensiamo alle consequenti pressioni psicologiche e moraliste esercitate dalla famiglia o dai supposti padri su queste giovani incinte per non portare a termine la gravidanza. Sono innumerevoli i casi in cui la madre, impreparata per allevare il figlio, si arrende a coloro che gli offrono ‘protezione’. Non sono, purtroppo, i ‘giusti Giuseppe’ che accolgono l’incinta Miriam e che affrontano impavidi le norme morali della religione, ma le bande e le gang del traffico di droghe. Nella maggior parte dei casi queste ragazze-madri e i suoi figli hanno giá un destino marcato: la clandestinitá e la morte violenta prematura.
Nel brano evangelico proposto per la nostra riflessione, Luca non ci presenta una storiografia con connotazioni mitiche, e neppure descrive teofanie deliranti. L’evangelista ci propone una specie di memoriale del complesso itinerario esistenziale proprio degli umani. Ci mette in sintonia con i conflitti del nostro quotidiano, ma anche con le sue scelte di vita coraggiose. Ci introduce, senza sofismi, nel dramma di milioni di ragazze-madri e di donne anonime, vittime di pregiudizi e di tradizioni patriarcali maschiliste ed escludenti. Ci fa capire, tuttavia, come sia necessario produrre rotture sociali affinché ‘l’esclusione legale’ sia soppiantata dalla compassione, dalla misericordia e dalla difesa intransigente dell´integritá fisica e morale di ogni vita. Con questo modo di procedere, Luca sembra combattere una concezione di storia scritta e interpretata a partire dalla morale dei palazzi governativi e dai centri religiosi ufficiali, per dare visibilità a personaggi e a luoghi apparentemente insignificanti, se non addirittura ‘maledetti’ dalla storia istituzionale. Ci prepara in un crescendo continuo affinché possiamo identificarci con quel ‘Nascituro inatteso e scomodo’, Gesù di Nazaret, e con la sua ‘sospetta’ madre, Miriam. Due ‘intrusi sociali’ che emergono dall’anonimato e dall’invisibilità in cui dovevano rimanere per sempre.
Luca, al proporci il dialogo tra ‘Gabriele-Forza di Dio’ con la sconosciuta minorenne Miriam, nella ribelle Galilea, nel villaggio di Nazareth dal quale ‘non poteva venir fuori qualcosa di buono’ (Gv 1,46), fa emergere, paradossalmente, le contraddizioni, le angosce, le lotte e le speranze che esistono tuttora nel nostro ‘villaggio-casa comune’. L’inedito, in fin dei conti, non consiste tanto nella ‘concezione miracolosa’ di una nuova vita biologica, ma nel rompimento radicale con un presente ingessato da leggi maschiliste e da norme di purezza che esigono sottomissione al palazzo e al tempio. Tutti i personaggi del brano lucano sono degli autentici trasgressori delle teologie tradizionali e delle pratiche istituzionalizzate. Il proprio angelo ‘annunciatore-mediatore divino’ non si fa vedere nei luoghi santi, come il tempio o le sinagoghe, per esempio, e neppure alle caste sacerdotali. Egli ‘penetra nel profano domestico’ di milioni di cittadini senza-casa e senza-Dio. L’ombra dell’Altissimo, che solo copriva l’arca dell’alleanza, ora copre e protegge i veri tabernacoli, i grembi di migliaia di Marie incinte, violentate, ma generatrici di speranza e di disobbedienza civile e religiosa.
Nella teologia di Luca non sono piú i maschi i veri generatori di vite e di dinastie, come voleva la tradizione cristalizzata. Essi sembrano infecondi strumenti a servizio di precetti sterili e di pratiche religiose antiquate. Incapaci di produrre frutti di giustizia e di trasformazione storica. Sono, al contrario, le sospette e marginalizzate donne e le minorenni ragazze-madri che ‘non conoscono uomo’, che osano ‘dare il nome’ e definiscono, autonomamente, il progetto di vita per i suoi propri figli. In questo senso la ‘donna e madre’ Miriam emerge come il simbolo universale di tutti quelli uomini e donne di fede, di differenti culture, che inaugurano inedite logiche e pratiche sociali. Sono miriadi di angeli contemporanei in sua maggioranza neri, indigeni, migranti, senza-casa, senza-terra, senza-mandato e senza unzione istituzionale, che insistono ad annunciare il sorgere di una nuova creazione. Sognano una ‘casa comune’ in cui gli Erodi e i Cesari di turno sono deposti dai loro troni. Dove i ricchi coltivatori di soia e di bestiame, i trafficanti di corpi, di minerali e di legname pregiato e della minacciata biodiversitá sono rimandati a mani vuote. Dove i fucili e le pistole di eserciti di mercenari e di polizie private saranno trasformati in aratri, in pozzi artesiani e in sementi non trangeniche. Dove gli oligopoli venditori di fake news e di illusioni saranno smascherati dalle profezie di tanti ribelli senza voce, annunciatori di speranza e veritá!
*Articolo do blogueiro pubblicato sulla revista Comboniana 'Nigrizia'