sábado, 12 de dezembro de 2020

L' índia Guadalupana e le Elisabette incinte di speranza e resistenza

 In generale colui che si sente um benedetto, un graziato da Dio in maniera sorprendente, inaspettata, e a volte misteriosa, sente il bisogno impellente di proclamarlo a tutti ma, principalmente, sente dentro di se come una specie di imperativo categorico di riprodurre quella grazia/benedizione ricevuta a tutti coloro che vivono nella disgrazia. Sente che sarebbe un cieco egoista e un ingrato se non diventesse lui stesso una grazia, una beatitudine/benedizione per coloro che si sentono abbandonati, dimenticati e a volte perfino maledetti e castigati sia da Dio che dagli uomini. Maria, cosciente di essere stata una benedetta da Dio grazie al dono inédito di una nuova vita che stava crescendo dentro di lei, prende la coraggiosa decisione di affrontare, da sola, montagne e cammini impervi e tortuosi. Lo fá con il coraggio di tanti intrepidi profeti che non temono pericoli, e sembrano perfino incapaci di prevedere possibili minaccie alla loro integritá.  Forse perché sanno che la vita/benedizione che sentono dentro di loro é un qualcosa di qualitativamente nuovo e potente, capace di trasformare radicalmente persone e realtá. 

In questi ultimi due anni qui in Brasile sono stati assassinati vari indios difensori dei diritti umani e ambientali. Il loro sangue é stato versato perché hanno avuto la sfrontatezza di denunciare e di ostacolare i piani diabolici dei Pilato, Cesare, ed Erode di oggi. Sono gli influenti membri di questo moderno Sinedrio che in nome di una giustizia plasmata a loro immagine e somiglianza formula e difende leggi per garantire privilegi e per assolvere i vergognosi abusi di grandi piantatori de soia, allevatori di bestiame, imprese mineratrici e trafficanti di legname pregiato. Costoro in soli due anni hanno invaso e aggredito piú di 100 aree indigene, e hanno messo repetaglio il futuro fisico e culturale di decine di etnie indigene. Questi martiri della madre terra, difensori graziati della creazione, hanno pagato con la loro vita perché come Maria la serva di Guadalupe, della quale oggi ne celebriamo la solennitá, si erano messi in ascolto delle angosce e delle sofferenze, di tanti Juan Diego, l’indio del Tepeyac a cui la celestiale e lunare india Maria di Guadalupe gli era apparsa. C’é, tuttavia, un altro aspetto che il brano evangelico di oggi ci suggerisce. 

Maria si arrischia a visitare un’altra benedetta e graziata da Dio, e non necessariamente per difenderla da possibili minaccie. Elisabetta detta la sterile, quella del ventre secco, incapace di generare vita. Tuttavia,anche lei aveva ricevuto contro ogni aspettativa umana, la grazia sorprendente di diventare generatrice di vita. Cosí le nuove vite si incontrano. Le nuove speranze si riconoscono, si abbracciano e dialogono tra di loro. Oggi nella terra dove si ammazzano vite e si abortono speranze, dobbiamo sentire il bisogno di scoprire i nuovi segni di vita e di trasformazione che sono giá stati generati e fare in modo di farli crescere sistematicamente. Oggi, molti dei 240 popoli indigeni che esistono in Brasile, hanno capito l’urgenza e di mettere in contatto tra se e di far incontrare tutti i segni di vita nuova che esistono tra le popolazioni indigene. Molte di queste popolazioni come Maria ed Elisabetta sono incinte di speranze, di sogni di trasformazione e di impegni concreti per difendere i loro figli e le figlie. Sono desiderose di vestire come la Guadalupana di Tepeyac non le vesti di una regina che vive nei palazzi, ma le vesti semplici del colore del cielo pieno di stelle. Il manto delle intrepide e resistenti mamme educatrici indigene. 

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